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Tutti i De Sica

Tutti De Sica. Questo il nome della mostra dedicata a Vittorio De Sica, che si realizza grazie ai suoi tre figli, Emi, Manuel e Christian, e che apre il baule di un archivio prezioso, fino ad oggi mai svelato, come quello personale di Giuditta Rissone ed Emi De Sica. Un fiume di ricordi dal quale esce, senza sosta, quella moltitudine di personaggi con il volto di Vittorio De Sica, in un gioco a cavallo tra realtà e finzione. Una visione complessiva di Vittorio De Sica, uno sguardo in grado di abbracciarne l’intera figura, al di là dei luoghi comuni che – curioso destino di chi raggiunge un immenso successo – finiscono per semplificarne un profilo, esponendo in una teca ciò che con maggiore facilità si richiama all’immaginario collettivo. In programma dall’8 febbraio al 28 aprile, Tutti De Sica sarà al Museo dell’Ara Pacis a Roma. Una mostra multimediale, un percorso tra manifesti e fotografie sul set e fuori dal set, o in famiglia, e immagini in movimento, oggetti di culto quali la bicicletta più famosa del cinema e gli Oscar che hanno suggellato i suoi film, un itinerario costellato di documenti personali che illuminano il Vittorio De Sica regista e attore, ma anche cantante e uomo di spettacolo, così come il De Sica privato, con le due mogli, Giuditta Rissone e Maria Mercader, e i tre figli. Dal primo successo con Mario Mattoli, che porta al varietà la rivista “Lucciole della città”, alla popolarità raggiunta con le incisioni discografiche (basti citare “Parlami d’amore, Mariù”); il passaggio dagli anni Trenta, destreggiati tra teatro e cinema agli anni Quaranta che lo vedono imporsi come regista e padre del Neorealismo: in mostra la sequenza fotografica raccolta sul set di “I bambini ci guardano” (1943), testimonianza di grandissima forza visiva nel mostrare il suo talento unico nella direzione degli attori non professionisti; la stagione del Neorealismo con i quattro capolavori “Sciuscià” (1946), “Ladri di biciclette” (1948), “Miracolo a Milano” (1950), “Umberto D. “(1952) e il rapporto con la politica (e con la figura di Andreotti) in un’Italia che cambia a cavallo degli anni Cinquanta; il sodalizio con Cesare Zavattini e quello con Sophia Loren; e così seguendo il filo delle sue vite e dei suoi personaggi con la sezione “Il piacere della maschera – Vent’anni di interpretazioni”, fino a un’ultima sala dove trova spazio una riflessione sull’immensa eredità culturale lasciata. Vittorio De Sica rappresentò un unicum per lo spettacolo italiano, una presenza inattesa e fuori dai canoni, una rivoluzione e una ventata di modernità in un paese che non aveva nessun attore da contrapporre a quei divi di Hollywood che, tra muto e inizi del sonoro, avevano schiantato il cinema italiano: un cinema che al contrario, fino alla fine degli anni Dieci, aveva goduto d’un mercato e d’una risonanza mondiale. Da Tutti De Sica emerge, su tutto, la figura di un grande e costante innovatore, nel cinema, così come nella vita, un uomo non a caso nell’occhio del ciclone tanto sul piano personale quanto su quello professionale, con le continue vessazioni subite da una censura che non mandava giù le sue idee e le sue rappresentazioni di alcuni questioni chiave della cultura italiana. In altre parole un Vittorio De Sica che sempre anche dopo la grande stagione neorealista rimane una delle voci più corrosive in un’Italia invece sempre perbenista. Portato al cinema dai successi del varietà e dalla popolarità dei suoi dischi, De Sica è stato il nostro primo divo moderno, comparabile alle stelle del firmamento cinematografico internazionale. Ma questo fu solo l’inizio di una carriera che non ha paragoni possibili se non forse Welles o Chaplin, che al termine di una proiezione privata di “Umberto D.” uscì asciugandosi le lacrime. «Io – diceva – sono nato e rinato alla vita artistica almeno cinque volte».

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