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“Make in Italy" – 50 anni di innovazioni italiane

È stata la celebrazione dell’Italia anti-piagnisteo. I Makers, quelli che fanno le cose da soli, che hanno il coraggio di rischiare, sfidando schemi e convenzioni, si sono dati convegno nel Parco della Musica, a Roma, dal 2 al 5 ottobre: un movimento di inventori “in pantaloni di corti”, sognatori di novità, negatori del posto fisso.
Chi ha nella memoria i raduni e i cortei dei sessantottini per “cambiare il mondo” inseguendo chimere rosse e cattivi maestri, può vedere nei 90 mila giovani e studenti che hanno affollato lo scorso weekend la Maker Faire di Roma la “quadratura dei girotondi”. Attivi, entusiasti, curiosi, positivi, ma soprattutto “individualisti” nel mettere in gioco la propria creatività e voglia di fare cose concrete e utili. Cioè l’opposto dell’approccio rivendicativo, negativo, politico, dei militanti della “rivoluzione sociale”, diventata saccheggio di risorse e di speranze.
Eppure, non era inevitabile questo esito. Maestri “buoni’, del fare e del progredire vero, l’Italia ne ha avuti eccome. E una passerella emozionante, stimolante di una ripresa possibile, la trovate nella mostra “Make in Italy – 50 anni di innovazioni italiane, dalla Programma 101 alla prima automobile stampata in 3 D“, che dopo Roma andrà in giro per l’Italia.
L’idea della mostra era partita da New York, dove vivo, quando la scorsa primavera la Ford aveva portato il nuovo modello della Mustang sulla cima dell’Empire State Building per festeggiare i 50 anni dal lancio della mitica automobile. Perché gli americani sono tanto bravi a cogliere ogni occasione per esibire l’orgoglio del Made in USA, ho pensato? Perché non possiamo farlo anche noi?
Proprio 50 anni nasceva il primo personal computer del mondo e a farlo non era stata un’azienda americana, ma l’italianissima Olivetti, che poi lo lanciò a New York nel ’65 ottenendo uno straordinario successo. Era la Programma 101 (P101), creata da quattro giovani italiani guidati da Pier Giorgio Perotto. Ma la loro storia la conoscono pochissimi in Italia (potete leggerla su Che Futuro http://www.chefuturo.it/2014/08/make-in-italy1-la-programma-101-il-primo-personal-computer-inventato-in-una-villa-di-pisa/ ).
Così è partito il progetto di raccontarla, realizzato grazie alla Fondazione Make in Italy, fondata da Riccardo Luna, Carlo De Benedetti e da Massimo Banzi. E insieme alla P101 nella mostra ci sono tanti altri contributi italiani fondamentali per la rivoluzione tecnologica degli ultimi 50 anni: dal primo microprocessore (“il computer su un chip”) inventato da Federico Faggin alla prima automobile tutta stampata in 3D, disegnata da Michele Anoé, dalla mano robotica del Sant’Anna al robot opensource dell’Istituto italiano tecnologico, dall’ accelerometro di Murari e Vigna al motore Common Rail costruito dai tecnici Fiat, dalla “palestra in un metro quadrato” fatta a mano nel suo garage da Nerio Alessandri (Technogym) alla “Amazon della moda” di Federico Marchetti (Yoox), dalla plastica “pulita” prodotta con rifiuti e batteri dall’ex grafico Marco Astorri fino ad Arduino, la piattaforma open source di hardware e software usata dai makers di tutto il mondo per inventare di tutto.
Tante storie che vogliono non solo celebrare il passato, ma ispirare il futuro. E a giudicare dall’energia e dalla voglia di fare espresse dai protagonisti di queste storie durante l’inaugurazione della mostra, giovedì 2 ottobre sera, il futuro dell’Italia non è quello scenario deprimente che appare dai talk show televisivi. “Dopo aver visto questa mostra torniamo a casa pieni di orgoglio e con la certezza che ce la possiamo fare – ha detto Alessandri -. I ragazzi devono capire da qui però che devono avere più fiducia nelle loro idee e più coraggio di rischiare”. Lui si era licenziato dal posto fisso a 22 anni per dedicarsi a tempo pieno alla missione folle di “rimettere in moto il mondo” con le sue macchine da fitness, e c’è riuscito.
“Le storie di questa mostra insegnano che non bisogna smettere di provare strade nuove – ha detto Anoé -. Io so come si fanno le automobili, ci lavoro da 20 anni, ma mi sono chiesto come reinventarle usando la nuova tecnologia della stampa 3D”. Così ha vinto la gara mondiale indetta dalla società americana Local Motors per il disegno della prima auto 3D. E a proposito di auto, fra poco le parti di plastica saranno fatte con quella biodegradabile di Astorri, ha rivelato l’inventore: “Abbiamo stretto un accordo con la Magna International per produrre delle bio-plastiche nell’industria automobilistica. Eravamo partiti con un investimento di 900 euro per un Mac, ora la nostra azienda Bio-on sta per quotarsi in Borsa per 150 milioni di euro”.
Mentre la mostra gira per altre città italiane, gli studenti delle scuole superiori sono invitati a partecipare al concorso per “inventare la nuova P101″, cioè un oggetto capace di “cambiare il mondo” davvero, come è avvenuto per il primo personal computer Made in Italy.

Maria Teresa Cometto

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