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Una rete al servizio dell'ITALIA negli USA

Se la nostra rete diplomatica negli Stati Uniti si potesse paragonare a una flotta, l’Ambasciata d’Italia a Washington ne sarebbe la nave ammiraglia, cui fa capo una squadra composta da nove consolati, sei uffici ICE, cinque istituti di cultura e tre uffici ENIT nelle principali città del Paese. Una rete che giorno per giorno offre servizi, promuove idee e progetti e stabilisce ponti tra le due sponde dell’Atlantico, relazionandosi con un insieme estremamente articolato di soggetti pubblici e privati: centinaia di organizzazioni – istituzioni, aziende, università, musei, teatri, associazioni, fondazioni – attive da Manhattan alla Silicon Valley. Per saperne di più su come si svolga il lavoro dei nostri diplomatici oltreoceano, abbiamo intervistato l’Ambasciatore Claudio Bisogniero, che dal 2012 è stato al timone della più grande Ambasciata bilaterale italiana nel mondo.

Ambasciatore Bisogniero, se guardiamo all’intensità delle relazioni tra Italia e Stati Uniti, o ai dati sulla comunità italiana e italoamericana nel paese, il compito dell’Ambasciata a Washington non sembra tra i più semplici. Ce lo conferma?
Non è forse un ruolo semplice, ma è di sicuro avvincente. Non conosco tanti altri contesti paragonabili, in cui come diplomatici ci troviamo a lavorare sospinti non soltanto dall’attenzione della politica, ma anche dalla grandissima ammirazione reciproca tra le società civili dei due paesi. Operiamo su un terreno molto fertile, che ogni giorno ci permette di dare vita a decine di iniziative, in ogni campo: dall’economia alla scienza, dalla cultura all’educazione, dalla sicurezza allo sport. Non potrei immaginare un ambiente più stimolante.

Ci può dare qualche dato ed esempio concreto?
Comincerei dai dati sulla comunità italiana e italoamericana che lei citava: 252.000 circa i connazionali iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) – quasi come un comune italiano di media grandezza – a cui sono da aggiungere i tantissimi altri “di passaggio”, per lavoro, per studio, per turismo. E circa 26 milioni di Americani di origine italiana: un numero incredibile di persone che stanno rapidamente ritrovando la voglia non soltanto di riconnettersi alle proprie origini, ma anche di comprendere meglio un’Italia che è un Paese profondamente diverso rispetto a quello che lasciarono i loro nonni o bisnonni. La loro presenza si traduce in innumerevoli input, che giorno per giorno siamo impegnati a incoraggiare e a sostenere. Ma questa “massa critica” rappresenta solo una parte del mosaico. L’ammirazione per l’Italia negli Stati Uniti va infatti ben al di là dei legami di tipo – per così dire – “genealogico”. Lo dimostrano, tra i tanti indici, i dati sull’interscambio bilaterale: le nostre esportazioni qui (più di 44 miliardi di dollari nel 2015) sono in crescita per il settimo anno consecutivo: siamo ormai nella top ten dei paesi fornitori. Un successo che è in buona parte dovuto all’apprezzamento per quei settori che sono più tipici del nostro stile di vita: siamo, per esempio, i primi esportatori di vini; ma andiamo forte soprattutto in settori rispetto a cui è importante dimostrare affidabilità: penso per esempio al +30,5% fatto registrare nel comparto dei macchinari da trasporto, o al +18,8% registrato nel settore dei prodotti chimico-farmaceutici.

Ha citato due settori – quello consolare e quello economico-commerciale – in cui l’Ambasciata gioca sicuramente un ruolo attivo. Ci può dire come?
L’Ufficio di Coordinamento Consolare dell’Ambasciata supervisiona l’attività di una rete che, pur essendo assai estesa, è appena adeguata a fare fronte alle esigenze della collettività. Oltre ai nove Consolati Generali, contiamo su 73 uffici consolari onorari che sono “a costo zero” per l’Erario, ma che svolgono una importantissima funzione capillare, tenendo anche conto della vastità del territorio. Il compito principale della rete diplomatica è assicurare la tutela degli interessi dei connazionali e offrire servizi. Pensiamo per esempio ai casi sfortunati di decessi, incidenti, malattie gravi, arresti o detenzioni, atti di violenza, assistenza in caso di calamità naturali, al rilascio di documenti di viaggio d’emergenza in seguito alla perdita o al furto del passaporto. Ma anche a servizi più “ordinari”, come lo stato civile, notarile, l’anagrafe, il voto dei cittadini italiani all’estero e i visti d’ingresso rilasciati agli stranieri che desiderano recarsi in Italia. Per venire incontro a queste esigenze, ci affidiamo sempre di più alle nuove tecnologie. I servizi e l’assistenza vengono offerti in misura crescente telematicamente. In molti casi è possibile concludere la pratica senza recarsi fisicamente presso i nostri Consolati. Abbiamo totalmente rinnovato, facendo da progetto pilota per tutta la rete diplomatica italiana, il sito Internet dell’Ambasciata. Un altro aspetto importante dell’attività consolare è il rapporto con gli organismi rappresentativi (ed elettivi) della nostra collettività negli USA: i 10 Comitati degli italiani all’estero (COMITES); i due Consiglieri del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE) e i 3 parlamentari italiani eletti nella nostra circoscrizione elettorale (2 deputate e un senatore). All’Ufficio Economico e Commerciale spetta invece non soltanto il tradizionale compito di analisi delle politiche attuate dall’Amministrazione americana e dagli altri soggetti rilevanti (penso per esempio alla Federal Reserve) ma anche di sostegno ai nostri imprenditori nei contatti con le autorità americane, promuovendo il “sistema Italia” in tutte le sue articolazioni, valorizzando le eccellenze industriali italiane, difendendo le posizioni del nostro Paese nei negoziati commerciali, favorendo la partecipazione americana a manifestazioni organizzate in Italia, come è stato il caso di EXPO Milano 2015. Anche in questo caso l’Ambasciata coordina l’azione delle istituzioni italiane presenti in America: Consolati, Uffici ICE ed ENIT, Camere di Commercio italo-americane: una rete straordinaria al servizio delle nostre aziende.

Lei ha citato un interesse crescente nei confronti del nostro stile di vita: lo stesso fenomeno vale anche per la cultura italiana?
Certo. In campo culturale ci viene riconosciuta una posizione di leadership a livello mondiale. Non esagero: pensiamo per esempio alla circostanza che il nostro è il primo Paese per numero di Oscar attribuiti ai miglior film in lingua straniera; alla crescita costante del numero di iscritti ai corsi d’italiano; al fatto che siamo il secondo Paese di destinazione, dopo la Gran Bretagna, degli studenti americani che si recano all’estero; o alla classifica della “country reputation” pubblicata ogni anno dal Reputation Institute di New York, che già nel 2013 vedeva l’Italia al primo posto per “reputazione culturale”. Per promuovere la lingua e la cultura italiana negli ultimi anni ci siamo davvero impegnati moltissimo. Un punto di svolta è stata l’incredibile carrellata di più 300 eventi di alto livello in più di 60 città americane che è stata organizzata nel 2013 – Anno della Cultura Italiana negli Stati Uniti. Da allora abbiamo consolidato un metodo e degli strumenti che ci permettono di mettere a sistema – anche attraverso i nostri cinque Istituti di Cultura negli Stati Uniti – le energie espresse da centinaia di collaborazioni in atto tra musei, università, centri di ricerca, associazioni. Tra questi, il “marchio” Italy in US, vera e propria “etichetta” delle iniziative culturali italiane negli USA da costa a costa; il portale www.italyinus.org, che presenta in maniera accessibile e accattivante informazioni sul network italiano negli Stati Uniti e sulle centinaia di appuntamenti legati alla cultura italiana in questo paese (dal 2014 a oggi il numero di eventi inclusi nel sito ha superato i 1100), oltre a una guida a spettacoli, mostre, itinerari turistici e corsi di lingua in Italia; e il progetto “Italian Treasures in the US”: un catalogo online, su app e cartaceo, di quasi 800 opere italiane selezionate nei musei degli Stati Uniti. La promozione della cultura è andata di pari passo con la promozione della lingua italiana. Le iniziative di questi anni ci hanno permesso di raggiungere risultati eccezionali. L’italiano è oggi la quarta lingua più studiata negli Stati Uniti. Il numero degli studenti che frequentano corsi di italiano presso le università americane ha avuto un incremento di circa il 60%; da 49.000 si è passati a 80.000 studenti. Nelle high schools si è passati da 65.000 a circa 78.000. Un nostro fiore all’occhiello è il successo dell’esame Advancement Placement di italiano, che, sostenuto negli ultimi anni della scuola superiore, permette agli studenti che lo affrontano di ottenere crediti riconosciuti dalla maggior parte delle università americane e italiane. La strategia che abbiamo attuato negli ultimi anni – e che ha puntato sulla creazione di un “Osservatorio nazionale della lingua italiana” e di Osservatori locali presso i Consolati, su accordi specifici con Stati e Contee, sul miglioramento continuo della qualità dell’insegnamento e su attività di outreach – ci ha permesso di passare da 1.806 esami nel 2012 a 2.573 nel 2015. Abbiamo così superato con un anno di anticipo la soglia minima di 2.500 fissata dal College Board per il sostegno dell’esame su base permanente, al pari di altre lingue come il francese e il tedesco.

Dati senz’altro molto positivi: ma questo interesse per l’Italia riguarda anche il presente del nostro Paese?
Assolutamente sì. Ci è a dire il vero facile – molto più facile, probabilmente, di quanto non si possa immaginare in Italia – veicolare l’immagine di un Paese che da millenni continua a sedurre e a produrre grazie all’ingegno e alla industriosità della propria gente. Un’Italia che è la seconda potenza manifatturiera in Europa, che è uno dei paesi con le più alte aspettative di vita grazie anche alla qualità è all’accessibilità del suo sistema sanitario, e che continua a stabilire record positivi in ogni campo. Pensiamo per esempio al settore spaziale. Nel 2013 abbiamo celebrato proprio a Washington cinquant’anni di cooperazione tra Italia e Stati Uniti: anche in questo caso l’Ambasciata svolge un ruolo importante nella realizzazione di successi che ci fanno onore – a cominciare dal fatto che una parte sostanziale della Stazione Spaziale Internazionale sia made in Italy. O, per citare un caso recentissimo, al settore scientifico: è stato nella nostra Ambasciata che – proprio nel giorno dell’annuncio che ha scosso la comunità internazionale – abbiamo celebrato il ruolo che circa duecento ricercatori italiani su mille in totale hanno avuto nella scoperta delle onde gravitazionali, che dopo un secolo esatto ha confermato le teorie di Einstein.

Ci resta da affrontare il settore che più tradizionalmente viene alla mente quando si parla di diplomazia: quello delle relazioni politiche. Come è lo stato dei rapporti e cosa fa l’Ambasciata in questo campo?
Il livello dei rapporti politici è eccellente, come è costantemente testimoniato dall’accoglienza calorosa riservata alle massime autorità italiane in visita qui: da ultimo, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Gli Stati Uniti sanno di poter trovare nell’Italia un alleato affidabile, capace non soltanto di fornire analisi lucide, ma anche di esercitare un ruolo di leadership rispetto a un’ampia serie di aree geografiche e questioni. Penso per esempio al nostro ruolo in Libia ma anche nei Balcani, in Libano, Siria, in Iraq, in Afghanistan o in organizzazioni internazionali come la NATO. A questo proposito l’Ufficio Politico e l’Ufficio Difesa dell’Ambasciata intrattengono un’intensa attività di relazione con l’Amministrazione americana, nelle varie componenti che contribuiscono a formare la politica estera e di sicurezza degli Stati Uniti: dalla Casa Bianca al Dipartimento di Stato e al Dipartimento della Difesa. Analoga attività è condotta con i tanti think tank attivi a Washington, uno dei posti nel mondo in cui si forma l’opinione pubblica mondiale.

Quella che ci ha descritto è un’attività impressionante: le resta il tempo per una vita sociale?
Beh, intrattenere relazioni è nel DNA di ogni diplomatico che ami davvero il proprio mestiere. Anche se la nostra Ambasciata ha puntato moltissimo sulle nuove tecnologie e sulla cosiddetta “digital diplomacy”, che ci permette di interagire con tante persone anche al di fuori delle cerchie tradizionali, nulla sostituirà mai il contatto umano. In questo senso sono orgoglioso del fatto che l’Ambasciata, grazie anche ai suoi numerosissimi eventi, sia ormai generalmente considerata uno dei luoghi più attivi della vita culturale di Washington: una porta aperta alla società civile, uno spazio di dialogo dove nel corso di un anno s’incontrano migliaia di persone, e che poco a che fare con l’immagine polverosa, d’altri tempi, di una diplomazia elitaria e chiusa in se stessa. Nel mio piccolo, se mi è consentito, ho un altro personale motivo di soddisfazione: quello di avere visitato, nel corso dei miei due mandati qui, tutti e cinquanta gli Stati americani, e di avere potuto toccare con mano quanto l’Italia e gli Italiani siano presenti, attivi ed ammirati in ogni angolo di questo straordinario Paese.

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