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Italia delle dive

di Eugenia Paulicelli

Oggigiorno il fenomeno del divismo, della celebrity culture, a seguito della rivoluzione digitale sono come dire il pane quotidiano per i milioni di twitters, e instagrammers. Un fenomeno globale che investe in un modo o nell’altro tutte le generazioni. Quello che molti non sanno è che il fenomeno del divismo e sopratutto delle dive e del genere di film, il “diva film,” da loro derivato, è nato in Italia negli anni dieci. Ma quello che è ancora più importante per il made in Italy e Italian style è che questo fenomeno è stato fondamentale per definire i concetti di bellezza, stile italiano, sia nella moda che nel cinema. Nell’epoca in cui il cinema si affermava come un nuovo medium, una nuova arte e tecnologia, l’Italia era uno dei paesi che produceva film straordinari nelle sue città come Torino, Milano, Roma, Napoli. Le immagini delle dive come Lyda Borelli, famosissima a teatro per la sua interpretazione della Salomè, uno dei personaggi più iconici, perchè incarnava il mito della femme fatale, la sensualità, il corpo sulla scena e la danza, Francesca Bertini (anche lei aveva esordito con la Salomè) e Pina Menichelli, per citarne alcune tra le più famose, venivano riprodotte in meravigliose cartoline con le loro pose languide e passionali, sfoggiando cappelli e toilette eleganti e sofisticate. Donne e uomini erano pazzi per le dive. E nell’epoca della riproducibilità dell’opera d’arte, per dirla con Benjamin, la cultura diventava cultura di massa attraverso le nuove tecnologie, il cinema, la fotografia, le illustrazioni, I periodici. Se il cinema italiano di questo periodo riscuoteva già una risonanza internazionale, le dive italiane spopolavano oltreoceano e certo facevano strabiliare le comunità italiane in Argentina, in nord America o in Giappone e si facevano portavoce dello stile e della eleganza italiana; la moda italiana non era a quel tempo riconosciuta e apprezzata come quella di Parigi che con i suoi Poiret, Paquin, Vionnet e altri rappresentava il non plus ultra dell’eleganza e dello chic. Una delle voci più importanti per la costruzione della moda italiana che fosse riconosciuta nel mondo per la sua bellezza ed eccellenza era la sarta-artista, giornalista, insegnante e impegnata nel femminismo e pacifismo internazionale, Rosa Genoni. Un’altra diva a suo modo, vincendo il premio della giuria internazionale per le sue collezioni alla Expo di Milano del 1906. Nel 1908 Rosa Genoni veste la diva Lyda Borelli con il suo abito di ispirazione greco -romana. Per questo non poteva esserci migliore testimonial e modella di Lyda Borelli. Infatti nel giugno del 1908 Borelli indossa l’abito drappeggiato come le stuatte di Tanagra, al teatro Olimpia di Milano nella sua versione elegante e sofisticata. La Genoni aveva indossato la versione più informale dello stesso abito al primo Congresso nazionale delle donne italiane a cui aveva partecipato. Cosi queste due dive dell’Italia del primo novecento, Rosa Genoni e Lyda Borelli, rappresentevano e incarnavano la visione di una donna che chiede spazio e si muove più libera con abiti di una foggia nuova, più padrona del proprio corpo e della propria immagine e allo stesso tempo reclama nuovi ruoli sociali che riconoscano la sua intelligenza e la sua bellezza. In altre parole, la donna moderna.

Per saperne di più: Eugenia Paulicelli, Rosa Genoni. La moda è una cosa seria/Fashion is a serious business, (Milano: Deleyva Editore, 2015, bilingual edition)

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