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Gabriele Ciampi

Il 2 giugno di quest’anno la Repubblica Italiana festeggia i suoi settant’anni: il 2 giugno del 1946, infatti, gli Italiani furono chiamati a referendum e votarono per una forma di governo repubblicana, invece che per la monarchia. Per celebrare questa occasione speciale, l’Ambasciata d’Italia e l’Istituto Italiano di Cultura di Washington hanno invitato il direttore d’orchestra e compositore Gabriele Ciampi per eseguire la premiere del suo nuovo pezzo musicale, dedicato ai primi settant’anni della Repubblica Italiana, “Trio in Si Minore”, in occasione della tradizionale celebrazione del 2 giugno presso l’Ambasciata. Il Direttore Ciampi ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali, tra cui il “Premio Barocco 2016”; la medaglia “Eccellenza Italiana” del Senato Italiano; l’“Instrumental Artist of the Year” del Los Angeles Music Award, e il premio della società PrimiDieci “PrimiDieci-Under 40 2014”. Ciampi è stato il primo compositore italiano a cui è stato concesso l’onore di esibirsi per il presidente Obama e la First Lady in occasione del White House Holiday Tour 2015. Abbiamo avuto l’opportunità di rivolgergli alcune domande.
Gabriele, come ti sei sentito a suonare la musica da te composta all’Ambasciata Italiana?
Non può esserci una occasione migliore per presentare in anteprima agli Stati Uniti un pezzo a cui sono oltremodo legato e che volevo dedicare al mio Paese. Vorrei ringraziare l’Ambasciatore Armando Varricchio, il personale dell’Ambasciata d’Italia a Washington e l’Istituto Italiano di Cultura per aver reso possibile la realizzazione questo concerto in una delle più prestigiose ambasciate italiane nel mondo. Tornare a Washington, dopo aver suonato alla Casa Bianca, mi commuove profondamente, ma questa volta mi sento più a casa, poiché suono per il mio Paese.
Qual è il significato del tuo pezzo dedicato all’Italia?
Questo brano musicale si ispira all’idea di inviare un messaggio di fiducia. Il frammento melodico che si inserisce nella tonalità iniziale, SI minore, intonato dapprima dalla profondità del violoncello nel suo registro basso seguito poi dalla dolcezza del violino – simboleggia un faro di speranza. Questa conversazione, talvolta drastica, tra i due strumenti, con l’inclusione del pianoforte per sottolineare momenti di grande intensità, rappresenta la volontà di superare una sensazione di incertezza e proiettarsi con entusiasmo verso il futuro.
Come compositore in che modo l’essere italiano e la tua esperienza nell’ambiente artistico americano ti hanno influenzato?
Prima di tutto, è doveroso precisare una distinzione tra l’Italia e gli Stati Uniti. Negli Stati Uniti, la figura del compositore è spesso associato con i film, la televisione e i videogiochi. Grazie a strumenti tecnologici e computer, oggi è possibile comporre musica semplicemente utilizzando suoni creati da software per creare colonne sonore per film e TV. In California questo succede spesso e i cosiddetti “compositori” sono in realtà buoni arrangiatori e orchestratori. Il mio lavoro è scrivere con carta e penna: ho studiato tutta la mia vita per diventare un compositore in grado di dirigere la propria musica. Credo che dovremmo tornare alle origini della composizione musicale, quando i compositori componevano la propria musica in quanto forma d’arte pura e presentavano il loro lavoro al pubblico durante i concerti. Ma senza una dedizione quotidiana non si possono ottenere risultati significativi, e non credo che la tecnologia possa sostituire la mente umana. Inoltre, nel corso degli anni ho notato la comparsa di un numero di fenomeni commerciali, quei personaggi creati per il solo scopo di guadagnare una grande quantità di denaro in breve tempo, con una vita artistica molto limitata. La voglia di “fare soldi” che ho descritto sopra ha conseguenze molto gravi sulla qualità del lavoro artistico prodotto. Troppo spesso si vedono performers di grande talento improvvisarsi compositori, che poi divengono direttori d’orchestra e infine scrittori. La nuova tendenza degli “artisti poliedrici” sta creando grande confusione non solo nel mondo della musica, ma anche nel pubblico. Ci vogliono molti anni di studio e di pratica per imparare a comporre, dirigere, o eseguire un brano musicale. Se un musicista si esercita con il suo strumento per otto ore al giorno, ogni giorno della sua vita, faccio fatica a credere che avrebbe potuto trovare il tempo per padroneggiare un altro mestiere. Compositore, artista e direttore d’orchestra sono tre diversi mestieri, tre figure di alto livello che viaggiano su strade parallele che non si incroceranno mai. Ho avuto la fortuna di studiare la grande tradizione della musica classica in Italia. Allo stesso tempo, negli Stati Uniti ho imparato a lavorare con la musica in un modo diverso, il che mi ha portato ad affinare un metodo più moderno di scrivere musica.
Lo scorso dicembre hai suonato con la tua orchestra alla Casa Bianca. Cosa hai tratto di significativo da questa esperienza?
Ho imparato molto da questa esperienza alla Casa Bianca: ho appreso che, negli Stati Uniti, tutto è possibile se hai una passione e ti impegni seriamente nel tuo lavoro. La mia collaborazione con la Casa Bianca è iniziata nel 2012, quando il pianista David Osborne ha eseguito il mio concerto per pianoforte e orchestra per il Presidente in occasione del White House Holiday Tour. Ho sempre considerato gli Stati Uniti come la terra delle opportunità. Ma bisogna lavorare sodo prima di vedere anche solo un piccolo risultato, ed è necessario assumersi alcuni rischi: quando ho pubblicato il mio CD “The Minimalist Evolution” negli Stati Uniti, l’ho mandato assieme ad un biglietto alla First Lady. Un paio di mesi dopo ho ricevuto una risposta decisamente inaspettata, con i complimenti sulla mia musica e con l’invito ufficiale ad organizzare un concerto per la serata speciale dell’8 dicembre 2015.
Quali sono i tuoi piani per il futuro?
Un nuovo album è pronto. Sarà rilasciato dopo l’estate. Ho intenzione di presentarlo prima in Italia, e poi negli Stati Uniti prima della fine dell’anno. Sono felice e orgoglioso di poterlo presentare nel mio Paese nella sua prima mondiale.

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