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Made in italy

L’Italia è stato il primo paese a lanciare l’idea di un brand nazionale. Infatti, prima che l’Italia pensasse di lanciare il Made in Italy non esistevano veramente delle etichette che si attaccavano ai capi di abbigliamento e altri oggetti che si producevano in Italia. C’erano infatti le etichette dei nomi degli stilisti e designers che rappresentavano la casa di moda o la sartoria. Quindi l’Italia non solo ha inventato il made in Italy, ma ha inventito il processo del “made in…” legando gli oggetti al territorio. E si sa che il territorio italiano ha una sua importante specificità, il ruolo delle città e architettura, le opere d’arte, la particolare geografia e storia secolare su cui si estendono piccoli e grandi centri, veri tesori abbracciati da bellezze inaspettate anche per il viaggiatore più esigente. Il dopoguerra, durante il periodo della ricostruzione economica e culturale, vede il lancio dell’Italian Style. Un lancio che si verifica non solo per la grande bravura dei nostri artisti, artigiani e imprenditori ma soprattutto grazie al grande potere dei media e a delle particolari contingenze storiche che facilitarono la comunicazione di questa bravura. La comunicazione e il racconto che l’Italia fa di sè negli anni del dopoguerra e nel boom economico insieme a una sinergia di menti geniali che provengono dai vari settori delle arti, della cultura, delle scienze e tecnologie hanno ancora oggi delle risonanze uniche. Gli stretti rapporti tra Italia e Stati Uniti nel periodo del piano Marshall sono riconoscibili nell’astuzia di Giovan Battista Giorgini che lancia la moda italiana dalla Firenze, simbolo dello splendore rinascimentale. Qui organizza le sfilate della moda italiana facendo convergere I più importanti buyers americani e internazionali. Ma dopo Firenze, Roma si aggiunge preponderante alla geografia dell’Italian Style. E soprattutto con la presenza di Cinecittà e il cinema e il ruolo della città eterna che nel periodo dell’Hollywood sul Tevere si definisce come città della moda e del cinema. Tutti questi sono stati fattori importanti che hanno contribuito al radicarsi del concetto del made in Italy come sinonimo di bellezza, eleganza e arte del saper vivere. Dopo una Guerra devastante l’Italia si rialza in piedi e riesce a proiettare una delle immagini di stile e bellezza che ancora oggi attrae milioni di stranieri. Ma quello che l’Italia riesce è costruire una forte comunicazione della brand nazionale. La vista, l’esperienza tattile di portare un capo o possedere un oggetto che rechino l’etichetta del made in Italy è riuscita a imporsi e ad essere tradotta come esperienza della bellezza. Dall’Italia dunque è partita una campagna non solo nazionale ma globale perchè a seguire, anche gli altri paesi hanno prodotto le loro etichette come sappiamo bene oggi. Come se non bastasse più scegliere un oggetto sulla base di una firma oppure legandolo ad una determinata estetica ma legarlo a un luogo determinato, a un paese e tutto quello che questo paese, in questo caso l’Italia sia in grado di ispirare. Persino oggi in piena epoca digitale in cui milioni di immagini vengono viste e consumate nel fast food della comunicazione globale, l’etichetta del made in Italy continua ad avere un valore aggiunto. È come una sfumatura o un accento sexy alla lingua dello stile, un passaparto all’eleganza e alla distinzione. Ma insieme a questa distinzione identitaria viene anche il pericolo che singoli paesi possano perdere l’aura che gli è assegnata da una determinata etichetta. Più precisamente in un’epoca in cui siamo sempre più sommersi da informazioni e infinite piattaforme digitali, e-commerce, apps di tutti I tipi possibili e immaginabili, lo sviluppo sempre più veloce delle tecnologie in tutti campi del sapere e del saper vivere, diventa cruciale riuscire a comunicare non solo in maniera efficace ma anche a nutrire e sostenere i progetti innovativi, i designers, artisti e iniziative indipendenti insieme alle megabrands. Il consumatore di oggi è più esigente e l’internet gli consente di esplorare un prodotto in tutti i suoi dettagli.La geografia del made in Italy è sempre più complessa e bisogna farne una mappa dettagliata. Dunque quale futuro del made in Italy? Certo bisogna guardarlo nelle sue sfaccettature e riempirlo sempre di più di contenuti in modo che non sia solo uno slogan alla moda. Il sistema e il pianeta Italia oggi più che mai deve appoggiarsi e proliferare con nuove radici e stabilire un rapporto sempre più dinamico tra la tradizione e l’innovazione. Il made in Italy nel ventunesimo secolo significa fare sempre più gioco di squadra, e dunque vincere l’individualismo e il campanilismo. Il nuovo Made in Italy deve sposarsi alla diffusione della propria lingua che sia questa letteralmente tale o che si riferisca alla fruizione e consumo di oggetti, beni e stili di vita. Infatti come Starbucks ha oramai da tempo introdotto le parole italiane nel suo lessico dei consumatori del caffè perchè è più cool, anche noi bisogna adoperarci per una conoscenza profonda del vocabolario dello stile italiano, del suo uso multiplo e delle sue tecnologie.

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