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UN GRANDE ANNO

L’Anno della Cultura italiana negli Stati Uniti ha rappresentato una straordinaria operazione di diplomazia pubblica. Uno scatto d’orgoglio di cui si sentiva il bisogno, in particolare in un momento di crisi come l’attuale. I nostri connazionali negli Stati Uniti, i tantissimi Americani ammiratori del nostro Paese – tra loro, ventisei milioni di italoamericani, le imprese, le associazioni e le istituzioni che ogni giorno si battono per promuovere il “brand Italia”, e anche la stampa, che alle nostre iniziative ha dedicato centinaia di articoli positivi – tutti sentivamo il forte desiderio di riscoprire il fascino del passato dell’Italia, di svelare il meglio del suo presente, di evidenziare gli esempi migliori di come essa stia lavorando per il futuro. E, su questa base, di creare nuove opportunità per i cittadini di entrambi i Paesi. Tutti ci hanno sostenuto con grande entusiasmo ed energia. Senza questo sforzo corale, sarebbe stato impossibile dar vita, come abbiamo fatto, al turbine di iniziative di prestigio che abbiamo realizzato insieme al Ministero degli Esteri. Si è trattato di un’impresa emozionante. Eravamo partiti da un programma di circa 180 eventi, e abbiamo concluso avendone realizzati più di 300 in oltre ottanta città degli Stati Uniti. Non è trascorso giorno senza che ci venissero proposte nuove idee. Abbiamo fatto del nostro meglio per realizzarle tutte, spesso davvero al limite delle nostre possibilità logistiche ed organizzative. Penso per esempio ai giorni in cui hanno convissuto, nell’atrio della nostra Ambasciata, due bellissime mostre, una sul Principe di Machiavelli e l’altra sulle celebri produzioni cartarie di Fabriano, in un periodo in cui a Washington abbiamo tenuto ben otto eventi culturali in una settimana. Il logo dell’Anno due ali formate dalle bandiere italiana e americana ha raggiunto i posti più inconsueti. Dai supermercati ai ristoranti, dove ha campeggiato sulle bottiglie “da collezione” di celebri bevande italiane, alla Stazione Spaziale Internazionale per metà Made in Italy, dove lo ha portato l’astronauta Luca Parmitano nell’ambito della missione Volare. Grazie alle nostre campagne pubblicitarie, milioni di viaggiatori negli aeroporti, stazioni, metropolitane e autobus, e grazie alla radio nelle proprie automobili, sono stati raggiunti dal nostro messaggio: Italy inspires US “l’Italia ci ispira”. L’Italia, che nel 2013 ha meritato il primo posto al mondo per reputazione culturale nella classifica pubblicata dal Reputation Institute, e che oggi resta leader internazionale nel campo dell’innovazione, della ricerca, dello stile e della qualità della vita, è e continuerà ad essere fonte di ispirazione. Lo dimostrano le tante storie di successo che abbiamo raccontato, offrendo l’immagine di un Paese che è sì quello di Leonardo Da Vinci e di Galileo Galilei, ma anche una delle nazioni più attive nell’esplorazione spaziale. La patria di Dante, Verdi e Rossini, ma anche il Paese che oggi detiene il maggior numero di Oscar per il miglior film straniero e che è la seconda destinazione degli studenti americani all’estero. La patria di Cristoforo Colombo e Amerigo Vespucci che all’America diede il nome ma anche di Giovanni Soldini, che proprio nel 2013 ha stabilito il nuovo record in regata da New York a San Francisco sulla sua avveniristica barca a vela italiana. Un’Italia che, nonostante la crisi, rimane la quinta potenza manifatturiera al mondo e forse la prima per bellezza e fascino delle sue produzioni. La nazione con il maggior numero di siti culturali patrimonio dell’umanità, e uno dei posti con la più alta aspettativa di vita sul pianeta. Mi sono sentito fiero e al tempo stesso grato di avere avuto la fortuna di essere Ambasciatore d’Italia in questo particolare momento. Ma mi sento anche molto responsabilizzato. Il modello innovativo di cooperazione culturale che abbiamo sperimentato con l’Anno della Cultura non può che rappresentare un inizio. Merita di essere sviluppato e perfezionato, come il Ministero degli Esteri e l’intera rete diplomatica italiana sono impegnati a fare. L’approccio sinergico che abbiamo seguito ci ha aiutato a generare risorse e progetti, a fare squadra tra i diversi attori pubblici e privati riuniti attorno all’obiettivo di valorizzare l’immagine dell’Italia. Le sponsorizzazioni delle nostre imprese hanno permesso non soltanto di gravare in minima parte sul bilancio pubblico, ma anche di guardare alla cooperazione culturale con un approccio più al passo con i tempi Riproducendo una dinamica virtuosa che, per alcuni versi, ricorda quella del mecenatismo che diede vita al nostro Rinascimento. In questo contesto, è stato di grande incoraggiamento assistere, nel corso del 2013, alla crescita dei consumi di Made in Italy negli Stati Uniti, con numeri davvero significativi: +4,23% nei primi dieci mesi dell’anno (ben sopra la media europea), con punte incoraggianti proprio in quei settori che più da vicino richiamano l’idea di Italian style e la capacità di innovazione che abbiamo promosso. Moda, agroalimentare, arredamento, macchinari, aerospazio. Il brand Italia, un “marchio” che è quasi una filosofia di vita, rimane forte perché inimitabile. Le nostre produzioni di oggi, in qualsiasi campo, dalle arti ai beni di consumo, hanno il sapore inconfondibile di secoli di conoscenza ed esperienze senza eguali. Il 12 dicembre 2012, alla National Gallery of Art di Washington, abbiamo inaugurato questo nostro meraviglioso viaggio con la mostra del celebre David Apollo di Michelangelo. Il 12 dicembre 2013, esattamente nello stesso luogo, lo abbiamo simbolicamente chiuso (ma solo simbolicamente!) con l’esposizione del Galata Morente, meravigliosa scultura giunta dai Musei Capitolini, e con la firma di un accordo di gemellaggio tra Washington e Roma. Nel mezzo, centinaia di migliaia di visitatori, spettatori e ammiratori da Washington a Los Angeles, da Detroit a Houston, da Miami a Chicago hanno potuto godere ciascuno del loro “pezzetto d’Italia”. Che si trattasse di osservare codici antichi, sculture, dipinti, manufatti e realizzazioni tecnologiche di oggi e di ieri, di ascoltare musiche, assistere a pièce teatrali, film già celebri o ancora meno noti, o anche di provare le prelibatezze della nostra cucina. Ciò che è forse più importante, l’Anno ha dato vita a nuove partnership tra soggetti pubblici e privati dei due paesi: tra queste, un rinnovato accordo di cooperazione tra NASA e Agenzia Spaziale Italiana, oltre a numerosissimi nuovi accordi tra musei e istituzioni culturali, aziende, enti locali ed università. L’Anno appena trascorso ha insomma, alle spalle, un progetto sostenibile e affascinante d’internazionalizzazione della nostra cultura che ha gettato i semi per un ulteriore rafforzamento dei già eccellenti rapporti tra Italia e Stati Uniti. E se sugli eventi del “2013” è ormai calato il sipario, il viaggio alla scoperta della nostra cultura continuerà con nuove iniziative che stiamo già preparando per il 2014 e oltre.

Esattamente un anno fa, il 12 dicembre 2012, il David-Apollo di Michelangelo faceva il suo ritorno trionfante a Washington, alla National Gallery of Arts, per una seconda attesissima mostra a distanza di quasi cinquant’anni dalla prima. Ufficialmente fu l’evento-lancio della più grande manifestazione dedicata alla grande Arte italiana e alle eccellenze del Bel Paese mai organizzata Oltreoceano: l’Anno della Cultura Italiana negli Stati Uniti, dodici intensi mesi di eventi promossi dalla Farnesina per portare il meglio dell’Italia di oggi e di ieri agli americani. L’Anno – “un grande successo”, come sottolinea l’Ambasciatore italiano negli Usa, Claudio Bisogniero – è giunto al termine. Ma tutto fa pensare che nessuno sulle due sponde dell’Atlantico abbia veramente voglia di strappare l’ultima pagina del calendario. Mai come nel 2013, del resto, gli americani hanno avuto tante preziose occasioni per ammirare, in casa loro, tanti capolavori dell’arte con la “A” maiuscola. Sulla carta, solo su quella, l’ultimo atto dell’Anno è stato infatti un altro grande evento come l’arrivo, insperato e applauditissimo, di una meraviglia della Roma antica: la statua del Galata Morente, una scultura in marmo realizzata oltre duemila anni fa su modello del bronzo attribuito ad Epigono, uno dei pezzi più pregiati delle collezioni dei Musei Capitolini. Il guerriero colpito a morte e ritratto pochi istanti prima di spirare, “è un tributo profondamente toccante allo spirito umano” ha sottolineato il direttore della Nga, Earl A. Powell, il 12 dicembre scorso, aprendo le porte della prima istituzione museografica americana a “un capolavoro universalmente riconosciuto”. Da notare che prima d’ora il Galata Morente non aveva mai lasciato i Musei Capitolini se non per volere di Napoleone che nel 1797 lo portò al Louvre da dove fece ritorno nel 1816, dopo la fine dell’Impero. Non stupisce quindi che il Wall Street Journal abbia dato notizia della mostra parlando del “bel colpo” messo a segno dalla National Gallery: Il Galata Morente “è un’icona dell’antichità un tempo ambita da tutti”, da Nerone a Napoleone fino a Thomas Jefferson scrive infatti il giornale finanziario “una fra le più celebri sculture della storia dell’arte che da due secoli non lasciava Roma”. Altrettanto entusiastici sono i commenti di grandi quotidiani come il Washington Post e il New York Times: “Poche statue sono state più celebrate del Galata Morente e ancora meno statue riescono ad eguagliarne la carica emotiva”, ha esordito il Post mentre il New York Times evidenziava, forse con un pizzico d’invidia, “lo storico prestito a Washington D.C.”. All’attento pubblico americano non è peraltro sfuggita l’enorme differenza che passa come sostiene il Washington Post tra l’ammirare la fotografia della statua su un libro di storia dell’arte e vederla dal vero. E infatti per questo “one-man show”, la Nga e i media Usa prevedono un record di visitatori anche perché la mostra, fino al 16 maggio, sarà aperta durante le prossime vacanze di Natale. All’anteprima di “The Dying Gaul: An Ancient Roman Masterpiece from the Capitoline Museum”- questo il titolo della mostra – era presente il parterre delle grandi occasioni: le principali testate americane, il mondo diplomatico e alcuni pesi massimi della critica d’arte americana. A fare capolino, tra i Vip in coda per ammirare il Galata, anche un Premio Nobel della medicina come Louis Ignarro, giunto appositamente dalla California per salutare la statua e la delegazione capitolina che la accompagnava: il suo ex-collega di ricerche, ora Sindaco di Roma, Ignazio Marino, affiancato, fra gli altri, dal Sovrintendente capitolino ai Beni Culturali, Claudio Parisi Presicce. L’allestimento non ha deluso le aspettative. La “meraviglia”, posta su un piedistallo e illuminata da un fascio di luce, è sormontata da una “quinta” – una bellissima copia di una veduta romana dipinta da Giovanni Paolo Pannini a metà del 18esimo secolo – e campeggia maestosamente nella grande Rotonda del Museo, tra le imponenti colonne di marmo verde della Toscana. Un ambiente che ancora conserva, come difficilmente accade nei musei americani, le atmosfere del tempio antico, ricordando da vicino il Pantheon. Nella sua nuova “location”, come dicono qui, potrà essere ammirato da americani e turisti di tutto il mondo. E anche per questi ultimi scommettono in tanti sarà “un bel colpo” d’occhio. “Non posso che essere fiero di accompagnare qui una delle statue più importanti dei Musei Capitolini”, ha rimarcato il Sindaco di Roma, Ignazio Marino, accompagnando la scultura nel suo primissimo debutto Oltreoceano. Alla potenza espressiva del Galata la delegazione capitolina ha affidato in realtà un compito ben più impegnativo: quello di attirare l’attenzione del mondo sullo straordinario patrimonio dell’Urbe, “un patrimonio ripete Marino che non appartiene solo a Roma ma all’intera umanità”. Dalla National Gallery di Washington parte infatti il suo appello internazionale perché il mantenimento dei tesori romani non sia una responsabilità locale ma una responsabilità condivisa. In gioco, ricorda giustamente il Primo Cittadino di Roma, c’è la possibilità di canalizzare il grande interesse che soprattutto gli Stati Uniti hanno da sempre mostrato nei confronti dell’Italia e, non da ultimo, nuove risorse, con l’obiettivo di rilanciare la Città Eterna sulla scena internazionale, a partire dal recupero e dal restauro del suo patrimonio. E in questa sfida il Galata Morente farà senz’altro la sua parte.

Nato a Roma il 2 luglio 1954, si laurea in Scienze Politiche nel 1976 all’Università La Sapienza con una tesi in economia internazionale. Entra in carriera diplomatica nel 1978 e, dopo alcuni anni alla Direzione Generale per il Personale, presta servizio dal 1981 al 1984 presso l’Ambasciata d’Italia a Pechino quale Primo Segretario Economico-Commerciale, responsabile anche per i programmi di cooperazione allo sviluppo dell’Italia con la Cina. Dal 1984 al 1989 è Consigliere alla Rappresentanza presso la NATO a Bruxelles, responsabile per le questioni politiche e di disarmo, e delegato al Comitato Politico Senior, in una fase assai delicata e dinamica dei rapporti Est-Ovest seguita all’ascesa al potere di Gorbaciov e all’importante stagione di negoziati e di accordi con l’Unione Sovietica nel campo del disarmo nucleare e convenzionale. Rientrato a Roma, dal 1989 è al Quirinale, all’Ufficio del Consigliere Diplomatico del Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, ove segue tutti i diversi aspetti dell’agenda e dei rapporti internazionali del Capo dello Stato. Dal 1992 al 1996 è Primo Consigliere Economico-Commerciale all’Ambasciata d’Italia a Washington, responsabile anche per le questioni finanziarie, i rapporti con Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale, i contatti con i think tanks americani, la collaborazione con gli Stati Uniti nel campo dell’industria della difesa. Viene quindi destinato alla Rappresentanza presso l’ONU a New York, ove dal 1996 al 1999 segue le questioni politiche, fa parte della delegazione italiana al Consiglio di Sicurezza e all’Assemblea Generale dell’ONU, ma soprattutto si occupa in maniera diretta della cruciale questione della riforma del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e della tutela degli interessi italiani in questa difficile contesa. Rientrato a Roma nel 1999, svolge una pluralità di incarichi di rilievo alla Farnesina fra i quali, una volta promosso Ministro Plenipotenziario: dal 2002 al 2005 Vice Direttore Generale per gli Affari Politici Multilaterali (responsabile per ONU, NATO; G8, OSCE, disarmo, diritti umani e lotta al terrorismo) e dal 2005 al 2007 Direttore Generale per i Paesi delle Americhe (responsabile per i rapporti dell’Italia con i nostri grandi partner del nord America – Stati Uniti e Canada – ma anche con tutti i Paesi dell’America Latina). Dallottobre 2007 è Vice Segretario Generale della NATO a Bruxelles e in queste funzioni, oltre a svolgere mansioni vicarie del Segretario Generale, è responsabile di alcuni importanti dossier politici e di sicurezza dell’Alleanza. Nel gennaio 2008 viene promosso al grado di Ambasciatore. Viene infine nominato Ambasciatore d’Italia a Washington e il 18 gennaio 2012 presenta le lettere credenziali al Presidente Obama.

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