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ROBERTA VINCI

di Giovanni Pellerito

 

 

 

Tecnica, Prospettiva, Visione e Armonia, caratteristiche che hanno fatto grande il Rinascimento Italiano, e che continuano a fare grande il nostro Paese grazie alla geniale capacità interpretativa di un’atleta italiana che in un venerdì di settembre a New York, ha stravolto le regole del Gioco.
Roberta Vinci, la Roger Federer Italiana, capace di interpretare uno sport come il tennis in puro stile rinascimentale, sfida in una semifinale dal risultato pressoché scontato la numero uno del mondo, Serena Williams.
Era tutto pronto per Serena: i festeggiamenti per il Grande Slam a casa sua a New York, alzando la coppa degli US Open di Tennis edizione 2015: MA come nel Rinascimento Italiano, nato per puro caso dopo 10 secoli di Medioevo, dove quasi tutto era scontato, e nulla lasciava presagire una tale fioritura di ingegno, arte e bellezza, ecco che venerdì 11 settembre 2015 la storia si è ripetuta nel Centrale degli US Open, all’Arthur Ashe Stadium.

La Vigilia.
Una vigilia abbastanza tranquilla per Serena, troppe le motivazioni per non perdere, conquistare il grande Slam innanzitutto, troppe le certezze, ha sempre vinto con Roberta. Una vigilia abbastanza nervosa invece per Roberta, la consapevolezza di essere tra le prime quattro di un Grande Slam, la voglia di continuare un sogno, un gigante come Serena da battere per continuare a crederci.
Chi conosce Roberta sa che nel suo sorriso sincero e spontaneo prima di un match importante si cela una grande voglia di essere impeccabile, di dare tutto e non rimproverarsi nulla; chi conosce il suo allenatore Francesco Cinà sa che nei suoi silenzi e nei suoi sguardi verso Roberta si sintetizza tutto il lavoro e tutti i sacrifici fatti per arrivare al top in giornate così.
Un sodalizio – quello tra Roberta e Francesco – che dura da 8 anni e che ha portato la giocatrice italiana più volte sul tetto del mondo (numero 1 al mondo in doppio, vincitrice in coppia con Sara Errani di tutte le 4 prove dello Slam), numero 11 al mondo in singolo e finalista di un Grande Slam in singolare. 8 anni di legame forte, inteso, fraterno e appassionato, fatto di fiducia e sussidiarietà.

Il Match.
I grandi maestri del tennis dicono sempre: “Se vuoi vincere un match conquista il quinto e il settimo game”. Roberta Vinci quella frase nella sua lunga carriera l’avrà sentita migliaia di volte: nell’economia della partita questi games sono dei veri spartiacque e, come per magia, sono quasi sempre determinanti.
Ed è proprio nella sua prima finale di un Grande Slam e di fronte alla numero uno del mondo che Roberta Vinci si è ricordata bene quella frase, ed è lì che ha compiuto il “CAPOLAVORO”.
Dopo aver perso il primo set, inizia il secondo set rimanendo attaccata all’avversaria, senza strappi, ma ordinata e precisa, poi conquista il quinto gioco, che la porta al set finale. Il terzo set inizia non bene: va sotto 2 a zero ma riesce ad agganciare la Williams, poi arriva il settimo game ed è lì che Roberta inizia a disegnare traiettorie uniche, corre e disegna, corre e accarezza la palla, il pubblico dell’Arthur Ashe Stadium inizia ad intuire che è cambiato tutto, è Roberta la Masterpiece in campo.

Il terzo capolavoro Roberta lo compie nella sua intervista post partita, dal titolo
“Sorry Guys, but today is my Day! U’intervista vera, di una donna conscia di aver compiuto un impresa epica: nel suo sorriso e nella sua genuinità ci sono tutta l’arte e la genialità del Rinascimento Italiano, quando chi era un Masterpiece non sapeva ancora di esserlo.

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