Pane e olio
Il pane è qualcosa che a tavola non dovrebbe mai mancare. Accompagnato da un’altro ingrediente fondamentale nella cucina mediterranea ma tanto apprezzato anche negli USA, l’olio d’oliva. Il mio pane è un pane di lievito madre con diverse farine – bianca, integrale e di segale – a lunga lievitazione. Un pane molto fragrante e intenso che rievoca le tante “bakery” newyorkesi e i loro prodotti. E’ un ponte… fra America ed Europa.
Clam chowder
L’idea è nata in itinere. Ricreare la zuppa, nella sua versione newyorkese cercando però di esaltare i sapori separandoli nelle loro preparazioni. Così ho cercato di prepararla in tre fasi: nella prima ho cucinato il sugo aromatizzandolo con erbe e spezie, nella seconda separando patate e sedano presenti nella ricetta, ho fatto una brunoise leggermente scottata in maniera tale da lasciare croccanti le verdure da aggiungere alla fine nella zuppa. Nell’ultima fase ho scoppiato le vongole in pochissimo tempo in modo da non far perdere i succhi al mollusco. Il risultato finale è una zuppa che conserva le sue caratteristiche ma allo stesso tempo esalta tutti gli ingredienti che avendo differenti tempi di cottura mantengono le loro qualità a livelli ottimali. E’ un piatto ricco, saporito che non ho stravolto e a cui non ho tolto o aggiunto nulla. In questo caso ho preferito lavorare più sulla tecnica e sul rispetto e la conoscenza verso la materia prima. Il risultato è fragrante, fresco e con toni estivi.
Egg benedict
La prima volta che assaggiai l’egg benedict, fu a New York, seduto al tavolo del WD50 di Wylie Dufresne. Era il suo egg benedict. Era chiaro che quel piatto aveva alle spalle molte ore di studio. Perchè oltre a essere un piatto ben congeniato era anche eccezionalmente buono. Così ho pensato che ricreare un egg benedict – che detiene una notevole rilevanza nella cultura americana – poteva essere una buona idea da contestualizzare nel menù che rende omaggio alla grande mela. La mia è una versione vede l’uovo diviso in due parti, il tuorlo marinato e l’albume montato e poi cotto. Il bacon viene disidratato, quindi polverizzato e mescolato con del caffè. Il risultato da un flavour molto aromatico e tostato all’uovo a cui si aggiunge la salsa olandese nella sua versione base. L’uovo ti da la possibilità di spaziare e sperimentare grazie alla sua notevole versatilità, ti da la possibilità di usare diverse tecniche e cotture come pochi alimenti possono fare.
Long Island – Omaggio a Jackson Pollock
ita: Long Island è un’isola fantastica, un’isola che sebbene non faccia parte della città di New York è molto vicina ad essa. L’ho inserita perchè oltre ad avere un certo fascino ha dato i nativi a molti artisti di fama internazionale tra i quali J. Pollock e Lou Reed. Questo piatto è un omaggio al grande pittore americano,un omaggio a tutti gli artisti newyorkesi e anche ai tanti quartieri che li ospitano e in cui essi stessi si identificano. Ho cercato di rievocare Pollock utilizzando diversi ingredienti, quali il pomodoro, il peperone, la lattuga, il cetriolo rendendoli simili a colori per pittura che si mischiano nel piatto che si trasforma in una tela.
Pasta fresca with meatballs
Potrebbe sembrare il piatto più semplice e più scontato, ma credo che quest’icona della gastronomia italo-americana sia ben più che semplice folklore. Con questo piatto ho cercato di rievocare quella che è l’essenza del pasto familiare, del ricordo, del calore che i migranti si sono portati dietro da terre lontane. Del sapere e del tributo, della manualità e della semplicità che queste tagliatelle fatte in casa si portano dietro. Gesti e ricordi, come rompere le uova sulla fontana di farina e mescolare il sugo che sprigiona odori di basilico. E poi le polpette, fritte, calde, immerse nel sugo, proprio come ci faceva vedere la nonna. Questo non è un piatto rivisitato o studiato, è un piatto corretto, sobrio, quasi umile. E’ un piatto che lega chi lo prepara e chi lo mangia, chi lo guarda e chi lo interpreta, è un piatto che nella sua semplice complessità richiede manualità e senso della misura. E’ una sfida, una sfida a quelle che sono le brutte copie viste in america girando per ristoranti, dove il sugo era troppo dolce o troppo acido, la pasta troppo cotta e le polpette insipide o condite con ingredienti che niente hanno a che fare con chi le ha fatte conoscere al mondo intero.
“Hotdog”a Central Park
l’hot dog a Central Park è un finto hot dog. L’idea è nata dal voler omaggiare due cose che mi hanno colpito di New York: il cibo da strada e i crescenti farmers market e orti sui tetti che tanto mi hanno impressionato. Così, rievocando un po’ il grande parco newyorkese ho preferito sostituire una carota cotta a bassa temperatura al posto dell’hot dog farcendo la stessa con gli stessi condimenti che si trovano nel panino, ovvero la cipolla, il cetriolo,la mostarda e il pane stesso. Frullati tutti gli ingredienti insieme li ho inseriti all’interno della carota dandogli quel sentore di hot dog. E’ un piatto che fa riflettere anche dal punto di vista etico e nutrizionale, un remake più light della tanta carne e grasso che si vede nei fast food.
Meat & Fish
Questo piatto è nato nel mercato del pesce del Queens. Alle 5 del mattino ero già al mercato, sbarcato dall’aereo avevo fatto in tempo a dormire un paio d’ore prima che un taxi mi lasciasse nel parcheggio del mercato. Camion che caricavano e scaricavano pesce, astanti che facevano sentire le loro voci e il gradevole odore di mare che si respirava tutto intorno. Un bar all’interno, dove due ragazzi servivano le colazioni, uova, bacon, hamburger, caffè caldo. Non avevo ancora mangiato il vero hamburger americano, così preso dall’eccitazione sensoriale dovuta a tutti quei profumi ordinai un hamburger. Il primo morso non lo dimenticherò mai. Diverso dagli hamburger europei. La carne, sapida, quasi ferrosa aveva un retrogusto di maiale e fegato. Strano pensavo, considerando che solitamente gli hamburger sono di manzo. Non fu il miglior hamburger che mangiai a New York, però forse, è proprio per questo che mi è rimasto impresso nella mente e nel palato. Il gusto della carne e l’odore del pesce mi hanno portato a reinterpretare quest’esperienza nel “Meat&Fish”, pancia di maiale e aringa affumicata. Un connubio che si avvicina molto a quell’hamburger che mangiai all’alba del primo giorno a NY.
Xmas in February
E’ un tributo al grande Lou Reed, e al suo album New York. Il piatto prende ispirazione dalla canzone Xmas in february… Il soldato orange viene rappresentato dalla marmellata di arance, mentre la guerra in Vietnam è ricordata con il rosso sangue delle ciliegie. Il sud-est asiatico poi riemerge sul piatto con il riso soffiato e il basilico thai, nonché dalle ciligie stesse che ricordano gli alberi tanto cari ad un altro paese orientale, il Giappone. E’ un piatto che ricorda anche i tanti migranti asiatici nella grande mela e le loro influenze culturali.
Nato a Palermo nel 1990 da una famiglia di ristoratori, comincio a nutrire una grande passione per la cucina fin dall’età di 6 anni quando comincio a gironzolare per le cucine dei ristoranti di famiglia. La passione cresce e durante le pause estive del liceo dedico il mio tempo ad imparare l’arte culinaria dai miei genitori e dagli zii ristoratori anche loro, in Germania. Dopo la maturità decido di iscrivermi all’università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Una scelta che cambierà la mia vita in maniera radicale, immergendomi nel mondo dell’enogastronomia e permettondomi di viaggiare in giro per il mondo per approfondire le tradizioni e le culture di svariati Paesi. Significative le esperienze in Messico, negli Stati Uniti e in gran parte dell’Europa. Continuando sempre a lavorare nei ristoranti del Cuneese, dove l’università è sita, colgo l’occasione per lanciarmi in una nuova avventura in Spagna dove lavoro alle dipendenze di Sergi de Mejà prima e di Oriol Rovira dopo: Due grandi chef catalani che mi insegnano molto e che mi permettono di crescere in maniera esponenziale prima di spostarmi nella capitale danese Copenhagen dove rimango 2 anni e mezzo, lavorando alle dipendenze di Francis Cardenau, Christian Paradisi e Torsten Vildgaard, anch’essi chef stellati che mi migliorano ancora di più. Lì approfondisco la grande cucina nordica lanciata dal Noma prima di far ritorno a Palermo dopo 6 anni intensi per collaborare come primo chef al ByeByeBlues e poi spostandomi al Cuveè du Jour del Grand hotel Villa Igiea dove tuttora mi trovo.
A gennaio mi sposterò a San Francisco per una doppia esperienza, Benu e Coi, ristoranti, anche questi di caratura mondiale che spero possano darmi un ulteriore slancio per arrivare al mio sogno, quello di avere un ristorante tutto mio dove potermi finalmente esprimere al 100%.